domenica 27 maggio 2012

je me rappelles

Non so perché, ma continua a ritornarmi alla mente il viso di Jack Rooster. La sua voce.
Il secondo incontro. Di nuovo io,  ad accoglierla nel dock di uno spazio porto.
Ricordo di aver pensato che dovremmo smetterla di vederci così. Forse lei ha pensato qualcosa di simile.


-"Non è ancora stufa di accogliere navi agli spazioporti, Saint Laurent?"


Ricordo di averle detto che no. Non sono stufa e non mi pesa. Preferisco diecimila spazioporti ad altri tipi di disavventure. Ricordo che mi ha chiesto qualcosa. Si è interessata.  Le ho detto di Safeport. Ho sentito Josephine sospirare. Poi si è allontanata e siamo rimaste solo noi.


-"Damn Hell...questa sì che è una disavventura"


Ricordo la sua offerta.
Mi ha sorpresa. Non sono sicura di aver celato quella sorpresa.


-"Lei la sa usare un'arma, Saint Laurent?"


Ricordo di averle detto di no. Solo il Tessen, e forse nemmeno quello. Mi ha chiesto cosa sia, un Tessen.
Ho provato a spiegarglielo, ma le ho promesso che glielo mostrerò. Un giorno.
Quando ci rivedremo, lontano da uno spazioporto.


-"Greenfield è un bel posto. ...Se deciderà di tornarci, mi contatti. Potrei darle io quelle lezioni. Lo farei volentieri. Potrebbe essere un'occasione per lei di fare pace con il Border."


Fare pace con il Border. Non è un'espressione corretta. Non ho problemi col Border.
Io avrei voluto fare pace con Greenfield. Lo avrei voluto profondamente.
Ricordo il giorno dopo.  Un giorno splendente iniziato al fianco dell'uomo che amo, mentre già pregusto il sapore della libertà che potremo avere. Presto.
Un giorno splendente  sorto sulla scia di una notte che ancora sento sulla pelle. Un giorno di cui non riuscivo a vedere le nuvole, nonostante tutto. Un giorno iniziato su Greenfield.


Ricordo di averle scritto. Per dirle che ero lì. Che anche se non ci fosse stato il tempo di una lezione, sarebbe stato un piacere salutarla.


Ricordo le perplessità di Jan, la sera prima, al riguardo. 


-"Mi permetterai di accompagnarti? Potrebbe fare comodo anche a me, far pace col Border"
-"Non sarei mai andata, senza di te."
-"Bene. Perché non ti avrei permesso di andare, senza di me."






Ricordo la Piazza del Mercato. Voci, suoni, odori, polvere. Il sole pallido tra le nubi. 
Jan che mi guarda. Jan che mi sorride. Jan, allegro. Come forse non lo avevo ancora visto.
Ricordo Quinn. Quinn che ci sorride. Che si chiede come mai tanta allegria in noi, in un giorno nuvoloso.
Quinn che ci indica il suo cane. Bovaro, soprannominato Salame. Adottato dal figlio del salumiere, con ovvie conseguenze. Quinn che sembra serena. Parole scambiate all'ombra di un palco su cui sfilano schiavi destinati ad essere acquistati da chissà chi..per chissà quale destino.
Quinn che si indigna.


-"Non era stato abolito lo schiavismo qui? Dov'è il Circolo delle Comari di Greenfield?" , chiede.
-"Troppo occupato ad insultare le prostitute della Shouye" , le rispondo.
Lei ride. Mi chiede scusa con gli occhi, a nome di Greenfield si direbbe.


E poi...
Fotogrammi che scorrono davanti ai miei occhi. Dettagli che non riesco a dimenticare. 
Le guardie di Olson che estraggono le armi. Le puntano su di noi. O, almeno, questo è quello che abbiamo pensato...tutti e tre.
Si crea il vuoto intorno. Io mi stringo addosso a Jan. Quinn alza le mani.


-"Ragazzi, abbiamo dei nuovi amici"


Ricordo con chiarezza che quelle sono state le sue ultime parole.
Prima che scoppiasse l'inferno.
Prima che la vedessi quasi sollevata in aria, leggera e splendida come un angelo caduto. Sferzata dalla raffica di proiettili che l'ha gettata nella polvere, sanguinante.
Ricordo di aver urlato, con quanto fiato avevo in gola.
Ricordo Jan che mi ha spinto via, con rabbia. Ho barcollato. Ho sentito il crack dei vasetti di miele e marmellata caduti a terra.


-"Va! Stai bassa e allontanati!" la sua voce, quasi rabbiosa.
-"Ma Quinn! Non possiamo lasciarla qui!" ho risposto
-"Non la lasciamo, ma tu mettiti al riparo!"
-"Stai attento."


E ancora, il fischio dei proiettili. Volti orientali camuffati in abiti border con poca grazia ed ancor meno abitudine. Fiotti di  rosso schizzare dal collo di uno. Il tonfo del corpo dell'altro.
Ricordo..la soddisfazione.
La soddisfazione maligna che per la prima volta nella mia vita mi ha colto l'animo, nel vedere morire qualcuno.
Ero ferocemente felice, che fossero morti. Ero grata, per la loro morte.
Hanno toccato i miei affetti. Avrebbero potuto ucciderla. L'hanno costretta ad un letto di ospedale, priva di mobilità alle gambe. 


Avrebbero potuto uccidere Lui.
Mi sono resa conto in un istante di quanto vuota sarebbe stata la mia vita, senza di Lui.
Come ho fatto, fino ad ora?
Non mi ero ancora fermata a pensarci. Come ho fatto, fino ad ora, senza di Lui?
Mi guardo indietro e mi sembra quasi impossibile. Non riesco a ricordare com'era. Non riesco a ricordare com'ero. Non riesco a ricordare come potessi stare bene, prima di Lui.


Non è stato solo vedere Quinn distesa nella polvere. Sporcarmi del suo sangue mentre cercavo di capire tra le lacrime come poterla aiutare. Come trattenerla qui.
E' stata la paura. E' stata quella paura che mi ha preso. Quell'attimo in cui ho realizzato che avrebbe potuto morire Lui.
E allora, sarei morta anche io.


"Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo diverrebbe per me un'immensa cosa estranea"