domenica 29 aprile 2012

Conjonctions

Scrivo dall'alloggio che ho prenotato per me ad Hall Point.  
Guardo oltre la finestra e tutto ciò che vedo è l'infinito.
Una coltre sconfinata di buio, trapuntato dalle luci delle stelle e dei pianeti che abitano tutto il 'Verse e lo spazio oltre ad esso.
Ho talmente tanto su cui riflettere, che non riesco a trovare il punto cardine. Quello che mi consenta di stringere il bandolo della matassa intricata della mia vita, adesso.


L'ultima conversazione con Papà si è chiusa male. Ed è la prima volta da decenni, credo, che discutiamo in modo così animato.


-"Promettimi che cercherai di essere più prudente, Melì.  Promettimelo, oppure vengo a prenderti io. Vengo a prenderti e ti porto su Corona, dove so per certo che sarai al sicuro."-


Da tempo non lo sentivo così preoccupato. Probabilmente perché non gli ho mai dato motivo di esserlo. Non per la mia salute, non per il suo lavoro, non per i segreti che mi affida e che io custodisco con la medesima cura con cui custodisco la mia anima ed il mio amore per lui.
Maman non dice nulla. Si limita a punirmi coi suoi silenzi, come ogni volta che agisco in modo "sconsiderato".


-"Stai tranquillo, mon père. Non è stata una circostanza cercata, ed ho ricevuto tutte le cure del caso. Prima dal Dottor Ritter..."-


Mi ha bloccata, parlando sulla mia voce con quel suo timbro profondo e graffiato che sa essere così prevaricante quando vuole.


-"Ritter?! Quel Ritter? " -  
Una pausa di silenzio 
- "Il peggior spreco di genio e talento che mi sia mai capitato di incontrare in tutta la mia carriera?" -
E' rimasto nell'aria un forte aroma giudicante, grave, severo.


Ci è voluto un momento di calma interiore, un piccolo sospiro per riprendere il discorso.


-"...e dal Dottor Heisenberg. Mi ha completamente rimessa a nuovo, mon père. Sto bene. "-


E' stato strano pronunciare quel nome, proprio parlando con la persona che meglio mi conosce al mondo. Nel silenzio che è seguito ho avuto timore che fossero bastate quelle due semplici parole per comprendere tutto il resto. Tutto quel mondo che nemmeno a Josephine sono stata in grado di spiegare fino in fondo.


-"Bene."


Solo questo. Che pronunciato da lui equivale ad una pioggia di complimenti e rispetto, per il succitato Medico capace di non attirare la sua ira funesta. A pensarci, è strano. Jacob Heisenberg non mi ha mai domandato nulla sulla mia famiglia. Come se non avesse mai sentito parlare di papà.
Eppure è chiaro che Lui, invece, ha sentito parlare e bene di Jacob Heisenberg.
Suppongo sia un mistero che continuerà a restare tale, per me.


Quando ci siamo salutati non era contento. Probabilmente ha compreso che non gli ho detto tutta la verità.
E' vero, che sto bene fisicamente. Non gli ho mentito. Non lo faccio mai, con nessuno.
Ho omesso. Ho omesso di dirgli che in realtà sono affranta e turbata e ho paura. 
Ho attraversato le fiamme dell'inferno e ne sono uscita viva.
Ma ho paura.
Ho paura che possa accadere di nuovo. Che non ci siano medici abbastanza bravi nelle vicinanze. Che mi rimangano sul corpo i segni dell'inferno. Quelli che già sono rimasti nell'anima e non so come strappar via.
Lo nascondo. Con tutti, credo. Ci riesco abbastanza bene. Ma la paura non mi lascia mai.
Qualcuno nella Terra-che-Fu disse che "non è coraggio, se non c'è paura".
Non sono in grado di definire se il mio sia coraggio, intemperanza oppure incoscienza. Cerco di andare avanti ugualmente, perché quel bambino lo merita. I suoi genitori lo meritano. Tutti i bambini condannati come lui alle sue sofferenze lo meritano.


Non ho avuto coraggio, con Papà. Non ho avuto il coraggio di chiedergli se Lui sapesse qualcosa, al riguardo di questi esperimenti scientifici su cavie umane non consenzienti.
Suppongo di aver ceduto, ancora una volta, alla Paura.
Paura di quello che avrebbe potuto dirmi, forse  intaccando la fiducia cieca che ripongo in Lui.
La paura è irrazionale. La Paura è come un peso che ferma il passo inutilmente. Eppure non l'ho combattuta. E non l'ho nemmeno abbracciata. Mi sono limitata a salutarlo senza chiedergli nulla.


La Paura è una congiunzione. Ha sapori diversi, a seconda della situazione.


Dopo quello che è successo ieri sera, ho Paura per Zoya.


Non l'ho più sentita, e non l'ho più vista dopo averla lasciata sola nella sala pasti della Banshee.
Questa mattina sono partita prestissimo e in silenzio, premurandomi di non svegliare nessuno.
In realtà, premurandomi di non svegliare soprattutto Lei.
Tutto quel decantato coraggio che tanto sembra averla colpita, è scomparso in virtù di una pavida forma di vigliaccheria.
Ma come glielo dici, a un donna così, che le vuoi così bene che tutto quello che desideri è proteggerla e l'unica cosa da cui dovrebbe essere protetta sei proprio tu?  Come glielo dici a una donna così,  che  vorresti insegnarle tante cose ed imparare da lei ma non puoi, perché inevitabilmente finiresti per ferirla in qualsiasi direzione volessi muoverti?  Come glielo dici ad una donna così, che potresti regalarle una notte infinita... per poi alla fine alzarti e lasciarla da sola preparandoti a condividere altre notti con qualcun altro? Come glielo dici a una donna così, che tu nell'Amore non ci credi e permettendole di starti troppo vicino la bruceresti come nemmeno il fuoco potrebbe fare?
Come glielo dici a una donna così, che di tutte le parole spese su ciò che si desidera e su ciò che si vuole, l'unica cosa chiara come il sole è ciò che non voglio essere per Lei?


E non voglio essere Greenwood.


C'è un vago sapore tragicamente amaro nel palato, mentre mi rendo conto che forse lo sono già.
Sono esattamente ciò che non vorrei essere.
Perché non sono riuscita a proteggere Akurl nello stesso modo. Perché non riesco a non essere gelosa di lui e a non volerlo nella mia vita, quando è chiaro che non sono in grado di dargli quello che lui chiede.
Possessione. Credo sia questa la parola giusta. Mi infastidisce vederlo o pensarlo insieme ad altre donne, come mi ha infastidito vederlo accudito da Josephine la sera della Festa.
Affezione. Gli voglio bene, e non recito alcuna parte quando siamo insieme. Mi piace la sua compagnia.  Mi affascina lo spettacolo della sua pelle scura sul candore della mia.
Territorialità.


Discrepanze.


Non ho alcuna remora  ad ammettere con quanta trepidazione attenda il prossimo incontro con Brent Ratliff, e le nostre... lezioni di ballo. 


Non ho alcuna remora ad ammettere che se solo Jacob Heisenberg mi chiamasse anche all'altro capo del 'verse, non esiterei un istante ad accettare quel richiamo.


Non ho alcuna remora ad ammettere che quando Evah mi guarda, ogni volta che i suoi occhi si posano sulle mie labbra sento l'impulso di baciarla. 


Evah.


Dovrei contattarla. Dovrei parlarle. Dovrei dirle che nonostante i miei buoni propositi non sono altro che una spacciatrice di illusioni
Non potrò farmi ritrarre da Lei. Per quanto fortemente io lo desideri, non potrò farlo se non rischiando la mia posizione all'interno della Shouye o peggio, la mia permanenza.
La Muqin prenderebbe come tradimento persino la mia volontà di pagarla per i miei ritratti: preferendo Evah ad altre artiste nella Casa, mi macchierei di un'onta imperdonabile.
Da quando l'ho vista insieme a Mughain Mccarty avverto un leggero senso di fastidio  sotto pelle.


Da tutto questo e da molto altro.
Ecco da cosa devo proteggere Zoya.




Da Me.